“La mamma è la mamma” di Giorgia Abate

In Italia ed in gran parte dei paesi del mondo, la seconda domenica del mese di maggio è la festa della Mamma.

Ma chi è la mamma?

L’idea di mamma ci rimanda immediatamente ad una figura accogliente, naturalmente predisposta a prendersi cura dei propri figli. “La mamma è la mamma”, potremmo rispondere. Come se dentro ognuno di noi ci fossero una serie di aspettative e caratteristiche specifiche riguardanti questa figura.

In psicologia, per molti anni, la mamma è stata considerata il caregiver primario. Diversi studi, tra cui la Teoria dell’Attaccamento (Bowlby, 1969) hanno posto il focus sul ruolo preminente e maggiormente responsabile della madre nello sviluppo della personalità del bambino. Tuttavia, l’evoluzione dei modelli teorici segnala un passaggio dall’enfasi della relazione diadica madre – bambino ad una lettura in termini triadici e di coparenting (modo in cui due adulti condividono le responsabilità nella crescita e nella cura dei figli). In linea con tale trasformazione, anche a livello culturale, il ruolo di mamma sembra essersi evoluto nel tempo. Dalla protettrice del focolare, che si occupava esclusivamente dei figli e delle faccende domestiche, rinunciando spesso alla propria individualità, la mamma di oggi è, invece, una donna che vive anche il “fuori le mura domestiche”, legittimando maggiormente i suoi desideri, le sue passioni e la sua individualità.

Ma per le mamme e per le donne, cosa significa essere mamme?

Stern (2017), nel libro “Nascita di una madre”, racconta il vissuto emotivo delle donne che diventano madri: “Alla nascita fisica del bambino corrisponde la nascita psicologica della mamma, che nella propria mente dà origine non solo a un nuovo essere umano, bensì a una nuova identità: il senso dell’essere madre.”

Questo cambiamento richiede il riattivarsi di vissuti antichi, l’instaurarsi di nuovi, l’integrazione e il dialogo tra loro. Le madri, infatti, sono delle donne che, ancor prima di esser madri, sono figlie, partner, adolescenti, bambine, individui con una propria storia ed un proprio bagaglio.

Che farci di questa storia?

Da piccoli, per sopravvivere al mondo esterno, abbiamo bisogno di credere che le nostre figure genitoriali siano degli eroi che ci proteggono dalle avversità e ci aiutano a crescere. “La mamma è la mamma” sembra essere quasi una rassicurazione che diamo a noi stessi nel pensare che nel mondo c’è qualcuno a cui poter fare sempre riferimento, nei nostri momenti di sconforto e nei nostri momenti di gioia. Un punto di riferimento imprescindibile e intoccabile che ci permette di mettere in atto l’esplorazione, sicuri di poter tornare a richiedere rifornimento affettivo alla propria base sicura. Essere madre, infatti, non è solo una funzione biologica, bensì significa aiutare il figlio a costruire la propria identità ed il proprio senso di Sé, accompagnandolo nel mondo e aiutandolo a riconoscersi come individuo.

Se questa esperienza relazionale è alla base del nostro senso di sicurezza e della nostra crescita personale, credo sia anche importante considerare la rottura e la possibile riparazione della nostra idea di mamma.

La mamma non è solo la mamma. La mamma è una persona, con le proprie fragilità e le proprie debolezze. La mamma è una donna, con la propria storia, il proprio vissuto, le proprie ferite.

Quante volte ci siamo arrabbiati con le nostre mamme? Quante volte ci siamo sentiti non visti, non riconosciuti, non apprezzati? Quante volte abbiamo sentito di dovercene prender cura, di non volerla deludere? Ecco la rottura dell’idea.

E proprio qui sta la riparazione. Nella possibilità di vedere le mamme non solo come mamme, e quindi come supereroi in grado di prendersi cura di noi in modo assoluto e imprescindibile, ma da adulti riuscire a vederle in quanto donne e persone, con le loro fatiche e vulnerabilità, con i loro possibili momenti di stanchezza e di sconforto, accettandone l’umanità.

Buona Festa della Mamma a tutte le donne con il loro bagaglio di storia sulle spalle e nel cuore.

 

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